a Collective Solo Show
Fusion Art Gallery, Turin, 2015
“Nessuna metamorfosi senza autofagia” –Henri Michaux
“I più affermerebbero senza dubbio o remora che l’artista Fragogna sia un’artista “visuale”, una pittrice legata alla figura e alla forma, un’artista introspettiva, organica e organizzata, viscerale e materica, uno di quegli artisti che ti prendono per il collo e che ti costringono a guardare, a vedere oltre, ad approfondire il livello sensoriale e sensuale dei suoi lavori. I più avrebbero ragione. Perchè questo è ciò che della Fragogna si conosce: i quadri dei rigogliosi e rutilanti corpi barocchi che si aprono in un dialogo fatto di simboli e colore, di bocche che stentano una comunicazione intraducibile, di intestini attorcigliati come cappi vitali. I disegni che si srotolano in filamenti senza fine come a voler dichiarare l’inutilità del punto, della conclusione, dell’enunciato perentorio. Le sculture effimere, flore intestinali e interiorità esposte come giardini razionali, competenti dell’inconsistenza del tempo e della memoria, rovine in decomposizione estetica.
Questo aspetto, questa porzione architettonica di Fragogna che mi azzarderei qui a classificare metaforicamente come “il palco della ‘Gogna’” ci comunica il malessere esistenziale che attanaglia la sensibilità dell’artista sin dalla più giovane età anche per grazia o disgrazia dei suoi riferimenti letterari: dai tragici greci ai romantici. Ma esiste un’altra faccia delle molteplici Fragogna che invece darebbe ragione ai più o meno alcuni che la chiamassero “un artista di concetto”, una teorica, una Kosuthiana. Una faccia meno nota, un lato rimasto fino ad ora in ombra, una porzione di buio che in questo pout pourri espositivo noi vorremmo finalmente portare alla luce.”
Da Nest Of Dust, B.F. 2013
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“No metamorphosis without autophagy” –Henri Michaux
“Most people states with no doubt or hesitation that Fragogna is a “visual” artist, a painter linked to the figure and the shape, an introspective artist, organic and organized, visceral and material, one of those artists that take you to the neck and force you to look at, to see beyond, to deepen the sensory and sensual level of her work. And most people would be right. Because this is the Fragogna we know: the paintings of lush and glowing baroque bodies that open into a dialogue between symbol and color. Mouths that are struggling an untraslatable communication, intestines twisted as vital nooses. The drawings that unroll into filaments without end as if to declare the futility of the point, the conclusion, the peremptory statement. The ephemeral sculptures, intestinal flora and interiors exposed as rational gardens, competent of the inconsistency of time and memory, ruins in aesthetics decaying.
This aspect, this architectural portion of Fragogna that I would presume to classify here metaphorically as “the stage of the Gogna/Pillory” communicates to us the existential malaise that grips the sensitivity of the artist from a very young age for grace or disgrace of her literary references: from Greek tragedies to the German Romanticism, from the italian scapigliatura to French Enlightenment through the stinking alleys of Victorian decadence and then has matured over the years of her educational philosophy and sophistry.
But there is another face of the multiple Fragogna that would give reason to the more or less certain people that would call her “an artist of concept/ a conceptual artist,” a theorist, a Kosuthian. A less known face, a side remained until now in the shadow, a portion of the dark that in this libercolo we would finally bring to light.”
From Nest Of Dust, B.F. 2013 Translated by Google