Viscerally Yours,
TEXT BY ELISA GANIVET Do not believe that any god can examine hearts and kidneys, and limit what has its origin in nature and what has its origin in freedom. M. Merleau-Ponty A human being is only composed of the liquid and raw net of his organism. The passion s/he feels is conceived only by the entity of idea. However it is the fleshy and the bony corpora themselves which collide in the outburst of erotic-romantic feelings. Barbara Fragogna plays her « gentlewomaneria » with extraordinary sensual and organic perfection. We perceive the taste of the organs with all our senses. The artist takes us deep into a romantic fairytale the irony of which we cannot escape from. And what would be passion without irony? We are all free to chose our own suffering and interpersonal relations. Our actions in all their craze are foreseeable. Consciously, we dive into them, since human being is an animal- how political, how ironic. Or is it even absurd? An absurd process is being inflamed if the desire is not satisfied. Because it is in the rage of his/her desire that a human being is capable of anything. The artistic process of writing letters in the form of a poem which is then transformed into an email reflects the kafkaesque confusion in a tangible way. Barbara reveals it publicly without pudency and remorse. And what is supposed to be an artist if not someone who shows us their own perceptions of things. Actually the entity of love can be described in phases: Hesitation, excitement, disappointment and persistence.- isn't it? The emotional surrounding world is presented to us by the recomposition of the perception of the environment via our senses. One should choose ones` second spinal column very thoughtful. Because obviously it is this framework which braces our future and claims our experiences. A succession of past coincidences always bounces back to itself. This is the characteristic lecture which determines our presence. In this sense the doubled up spinal column branches like the fantastic figures of the significant other which are readable in the continuous ways back and around each other. But this movement close to symbiosis can only exist in the presence because it becomes constituent for ourselves- Or not. Because, again and again we decide over the equilibrium of our instincts. Consecutive to joy and indulgence there is ecstasy. Our ability to understand would position this last step beyond the borders of physical awareness. When we reach this border, ecstasy is a mere deception to our mind. Our consciousness and the certainty of our mortality allow us to be aware of the borders of our own sensory surrounding in the moment of ecstasy. The consolidation and the intensifying of our abilities could help us to overcome the borders of the space given to us. When we overstep everything imaginable, transgression is almost tangible. Inside of it there is no negative entity since the only goal is to overcome the entity of self. But what lays behind the border of physical and mental perception? Inside of these characteristics of the „outside“- Would ecstasy mean nothing else but death? At least, the evidence of death instinct would be emphasized by it. The artistic oeuvre can reveal the balance between ecstasy and the two opposing instincts which make us what we are. We play with our death as if we wanted to affirm that we are alive. We touch transgression as if we wanted to have an evidence of our existence. It is the equilibrium more than the contradiction which allows us to finally float towards our own pacification. The contradiction of our instincts makes us to who we are and it is the circulation of these streams which characterizes us. History interacts with metamorphosis like metamorphosis interacts with history. This interaction which can be painterly, linear, sculptural or photographical is being told to us in the dialectic of the lust for life. It is the immanent and constant progression which makes the language of Barbara Fragogna so extraordinary. Elisa Ganivet Doctor of Philosophy, Art Historian, Documentary and Cultural Engineer. Translation/ English: Miriam Wuttke |
LINKS Fra libri e Galleria. Intervista con Barbara Fragogna di Petra Cason su Artribune Everyday Renaissance (After All..) by Aline Vater on Kwerfeldine Reading room, il libro come galleria d'arte di Francesca Coppola su Exibart Un rinascimento al giorno di Emanuele Crotti su Berlin&AndOut Buongiorno e Arrivederci di Emanuele Crotti su BerlinAndOut Ed. Inaudite - Il nuovo collezionismo d'arte del 2019 di Tecla Azzarone su DegeneRATa Questa non è arte di Alessia Camera e-flux ArtSiteFest Repubblica - L'Espresso Sherwood.it Il Mitte di Valerio Bassan UnDo Espoarte Lobodilattice Okarte ArtSpecialDay di Federica Marrella Children of the wall Some Prefer Cake The Philippine Business and News ImpresaPossibile ArtComingOut - VicenzaPride PARTIAMO di Francesca Di Nardo su T-A-X-I La bananale di Venezia a Berlino su AND- A NordEst di Che Pierantoniotanzola.com Video links: Enough is enough ArtParasites Rai5 |
Don’t Step On Your Inner Dwarf
PATHOSlogia del Nano Interiore
di Semaforo Brown
“Qualsiasi insignificante dettaglio sostiene una tesi mal costruita.”
“Per dimostrare di essere seria, un’artista non può essere ironica.
L’umorismo è un lusso da ostentare in menopausa.” -BF
Il Nano Interiore è l’essere oscuro e impertinente della mitologia posmica-crotica.
Il suo savoir-faire è inopportuno, la sua mimica è slemba, il suo istinto è infallibile.
Non è mai il caso di calpestarlo.
In filorosolia e in psicopomatica il concetto di Nano Interiore è spesso evocato per rappresentare il delirio di disperazione ossia la palpebra bassa del contorsionismo del Sé in chiave pessiottimistica con picchi ironici e tragici. Il Nano è lo sgorbio atavico dell’ideale, la maschera fiamminga (più Bosch che Van Der Weyden) della ragione, il grumo gutturale delle proprie motivazioni, il fondale scrostato della verità non propriamente detta, la lavatrice sbilanciata dell’ipocrisia, la sfrontata fanfara del patetico, l’inno squillante sempre troppo acuto del polemico. Nel lavoro di Barbara Fragogna tutto questo trova sfogo e compimento in un’apoteosi del Fallimento Lato, il tentennante tentativo volto alla risoluzione iperbarica del riconoscimento speculare di un ruolo sociale, una posizione morale, un senso materico, un piano prospettico dell’evoluzione dell’assurdo. Il suo lavoro è una battaglia campale nella quale i due eserciti in tenzone sono il Rifiuto e il Desiderio, forze opposte e complementari di un unicum homunculus, batterie di fanti senza cavallo e senza scarponi, sfaccettature senza rancio, ossature nervose/combattive/isteriche. Il fare-fare-fare della sua pratica artistica è voracità di “Senzavolto” Miyazakiano, è porporogia blu e verde, è corsa/rantolo/enfisema senza pausa.
Il Nano Interiore è viscera esposta (pittura, creta, linea), il colore irraggiungibile della bocca di Bacon, la mano sulla gola di Maria Callas, la biacca sul volto butterato di Elisabetta Prima, gli uccelli greci di Virginia Woolf, il lobo di Vincent, la danza convulsa e ridicola di Kate Bush, la bile schiumosa e hybris di Jean Clair, il genio di Bulgakov, la febbre di Silvia Plath, Flatlandia, Ghiaccio Nove e Raffaella Carrà se cantasse Shakira. I deliranti bollori dell’accanirsi contro lo pseudointellettuale, l’approssimazione saccente, il prìprì dei critichetti, l’allodolìo dei giornalisti fichetti, il qui-qui-quà dei post-host-concettuli, il wowy del glam, per parafrasare un costrutto personale e onesto, un fallimento vincente. Il Nano Interiore scalcia, sgorga, magma, rutta e non tiene archivi perché il dopodomani non esiste. Il Nano castra l’onnipotenza, ti riduce a tanto un quantum qualunque, ti ricorda che cammini rasoterra, che sei roccia e pianta e bestia e che è magnifico. Il Nano è il dio di polvere, ridimensiona lo spirito ad un fatto neuronale, ti mastica i polpastrelli mentre dormi e ti sveglia mentre credi di essere all’erta. Il Nano Interiore è individualista, concentra le sue mire perverse sul singolo, è convinto che ognuno debba essere sé e non smette mai, affermando se stesso, di confermare l’altro (o così crede di fare, a volte il Nano è naive).
Il Fallimento Lato è Repulisti di produzioni indesiderate, zavorre croniche che l’artista accumula compulsivamente, se li porta appresso in mille traslochi, da un paese all’altro, da una casa all’altra da uno studio all’altro. Il Repulisti è un’azione di violenza e distruzione autoinflitta, contro il mito della memoria che s’illude e si consola preventivamene nella gloria postuma, contro l’illusione della magnificenza dell’Ego. Col Repulisti l’opera storica (che non sarà mai storicizzata) si ricicla, muta “ridimensionandosi” occultando per sempre e irrimediabilmente il suo passato allo scopo di affermarne il presente, l’immediato, la vita. La trasformazione dell’opera è alchimia permalosa, è caparbietà di ricerca, è antipatico puntiglio, è inutile sforzo. Il Fallimento (Failure) dell’artista è la sua incapacità/inabilità di essere mainstream o, più basilarmente, di vivere del suo lavoro e, per estensione, di essere pubblicamente riconosciuto come lavoratore. L’artista per sua doverosa e onerosa natura osserva e critica il sistema sociale e politico in cui vive, il suo sguardo dovrebbe essere illuminante, il suo punto di vista unico e particolare quindi, paradossalmente, il suo fallimento è una redenzione, un successo. L’artista DEVE fallire per riuscire. Il fallimento è sublime. Il fallimento è l’opera effimera (creta non cotta), è il tempo impiegato per plasmarla e la pena nel distruggerla, le numerose ore nelle quali s’intesse un groviglio ossessivo di linee, di parole, di slogan e ammonimenti. Il fallimento è il nuovo ciclo di quadri che invecchieranno. Individualismo e inutilità e ha-ha-ha.
Nel tripudio gastrico dell’allestimento eterogeneo, nella schizofrenesia della composizione merzbaurocca, nella cacofonia dissonante del troppo poco minimal, bisogna trovare il bandolo, far fatica, subire l’aggressione e reagire restando o andandosene. L’installazione è un incubo bianco, un sogno caleidoscopico nel quale l’assurdo e il ridicolo sfilano in maschere di parvenza con il Nano a dirigerne la follia paprika. Barbara Fragogna se la racconta e se la ride ed è molto seria nel corcinfischiare tutto ciò.
Semaforo Brown, eteronimo di critico d’arte non accademico, personaggio totaleuropèo, omniologo rinascimentale che, marinando motti popolari Pirandelliani, a rigurgiti polemici Clairiani, a congetture impopolari, a momenti d’essere Woolfiani e a illuminazioni astrali, ci narra con vero acume e intelligenza la storia di un oggi assai glabro, un oggi adessoraneo, un oggi dal desiderio olografico da reincarnare.
PATHOSlogia del Nano Interiore
di Semaforo Brown
“Qualsiasi insignificante dettaglio sostiene una tesi mal costruita.”
“Per dimostrare di essere seria, un’artista non può essere ironica.
L’umorismo è un lusso da ostentare in menopausa.” -BF
Il Nano Interiore è l’essere oscuro e impertinente della mitologia posmica-crotica.
Il suo savoir-faire è inopportuno, la sua mimica è slemba, il suo istinto è infallibile.
Non è mai il caso di calpestarlo.
In filorosolia e in psicopomatica il concetto di Nano Interiore è spesso evocato per rappresentare il delirio di disperazione ossia la palpebra bassa del contorsionismo del Sé in chiave pessiottimistica con picchi ironici e tragici. Il Nano è lo sgorbio atavico dell’ideale, la maschera fiamminga (più Bosch che Van Der Weyden) della ragione, il grumo gutturale delle proprie motivazioni, il fondale scrostato della verità non propriamente detta, la lavatrice sbilanciata dell’ipocrisia, la sfrontata fanfara del patetico, l’inno squillante sempre troppo acuto del polemico. Nel lavoro di Barbara Fragogna tutto questo trova sfogo e compimento in un’apoteosi del Fallimento Lato, il tentennante tentativo volto alla risoluzione iperbarica del riconoscimento speculare di un ruolo sociale, una posizione morale, un senso materico, un piano prospettico dell’evoluzione dell’assurdo. Il suo lavoro è una battaglia campale nella quale i due eserciti in tenzone sono il Rifiuto e il Desiderio, forze opposte e complementari di un unicum homunculus, batterie di fanti senza cavallo e senza scarponi, sfaccettature senza rancio, ossature nervose/combattive/isteriche. Il fare-fare-fare della sua pratica artistica è voracità di “Senzavolto” Miyazakiano, è porporogia blu e verde, è corsa/rantolo/enfisema senza pausa.
Il Nano Interiore è viscera esposta (pittura, creta, linea), il colore irraggiungibile della bocca di Bacon, la mano sulla gola di Maria Callas, la biacca sul volto butterato di Elisabetta Prima, gli uccelli greci di Virginia Woolf, il lobo di Vincent, la danza convulsa e ridicola di Kate Bush, la bile schiumosa e hybris di Jean Clair, il genio di Bulgakov, la febbre di Silvia Plath, Flatlandia, Ghiaccio Nove e Raffaella Carrà se cantasse Shakira. I deliranti bollori dell’accanirsi contro lo pseudointellettuale, l’approssimazione saccente, il prìprì dei critichetti, l’allodolìo dei giornalisti fichetti, il qui-qui-quà dei post-host-concettuli, il wowy del glam, per parafrasare un costrutto personale e onesto, un fallimento vincente. Il Nano Interiore scalcia, sgorga, magma, rutta e non tiene archivi perché il dopodomani non esiste. Il Nano castra l’onnipotenza, ti riduce a tanto un quantum qualunque, ti ricorda che cammini rasoterra, che sei roccia e pianta e bestia e che è magnifico. Il Nano è il dio di polvere, ridimensiona lo spirito ad un fatto neuronale, ti mastica i polpastrelli mentre dormi e ti sveglia mentre credi di essere all’erta. Il Nano Interiore è individualista, concentra le sue mire perverse sul singolo, è convinto che ognuno debba essere sé e non smette mai, affermando se stesso, di confermare l’altro (o così crede di fare, a volte il Nano è naive).
Il Fallimento Lato è Repulisti di produzioni indesiderate, zavorre croniche che l’artista accumula compulsivamente, se li porta appresso in mille traslochi, da un paese all’altro, da una casa all’altra da uno studio all’altro. Il Repulisti è un’azione di violenza e distruzione autoinflitta, contro il mito della memoria che s’illude e si consola preventivamene nella gloria postuma, contro l’illusione della magnificenza dell’Ego. Col Repulisti l’opera storica (che non sarà mai storicizzata) si ricicla, muta “ridimensionandosi” occultando per sempre e irrimediabilmente il suo passato allo scopo di affermarne il presente, l’immediato, la vita. La trasformazione dell’opera è alchimia permalosa, è caparbietà di ricerca, è antipatico puntiglio, è inutile sforzo. Il Fallimento (Failure) dell’artista è la sua incapacità/inabilità di essere mainstream o, più basilarmente, di vivere del suo lavoro e, per estensione, di essere pubblicamente riconosciuto come lavoratore. L’artista per sua doverosa e onerosa natura osserva e critica il sistema sociale e politico in cui vive, il suo sguardo dovrebbe essere illuminante, il suo punto di vista unico e particolare quindi, paradossalmente, il suo fallimento è una redenzione, un successo. L’artista DEVE fallire per riuscire. Il fallimento è sublime. Il fallimento è l’opera effimera (creta non cotta), è il tempo impiegato per plasmarla e la pena nel distruggerla, le numerose ore nelle quali s’intesse un groviglio ossessivo di linee, di parole, di slogan e ammonimenti. Il fallimento è il nuovo ciclo di quadri che invecchieranno. Individualismo e inutilità e ha-ha-ha.
Nel tripudio gastrico dell’allestimento eterogeneo, nella schizofrenesia della composizione merzbaurocca, nella cacofonia dissonante del troppo poco minimal, bisogna trovare il bandolo, far fatica, subire l’aggressione e reagire restando o andandosene. L’installazione è un incubo bianco, un sogno caleidoscopico nel quale l’assurdo e il ridicolo sfilano in maschere di parvenza con il Nano a dirigerne la follia paprika. Barbara Fragogna se la racconta e se la ride ed è molto seria nel corcinfischiare tutto ciò.
Semaforo Brown, eteronimo di critico d’arte non accademico, personaggio totaleuropèo, omniologo rinascimentale che, marinando motti popolari Pirandelliani, a rigurgiti polemici Clairiani, a congetture impopolari, a momenti d’essere Woolfiani e a illuminazioni astrali, ci narra con vero acume e intelligenza la storia di un oggi assai glabro, un oggi adessoraneo, un oggi dal desiderio olografico da reincarnare.
QUANDO IL NANO INTERIORE E’ UN WATUSSO
Di Marina Tiepolo-Kleist
Barbara Fragogna – Don’t Step On Your Inner Dwarf
Galleria Alessio Moitre, Torino
Ci sono parecchie cose serie che si possono scrivere sulla mostra personale di Barbara Fragogna alla Galleria Alessio Moitre di Torino. Sono tutte ironiche. Ci sono parecchie cose, forse troppe, forse anche no. Scrivo (accennandone per smuovere la vostra curiosità) solo di alcune, le altre, per piacere, andatele a vedere, grazie.
A cominciare dal lungo titolo della mostra “Don’t Step On Your Inner Dwarf” esortazione a non calpestare il proprio Nano Interiore, immagine metafisica coniata dall’artista a rappresentare quella parte del Sé che incarna l’onestà intellettuale, solo per riassumere.
A cominciare-cominciare da Semaforo Brown, l’eteronimo co-curatore della mostra che, attraverso un testo critico assai bizzarro, ci introduce con follia lucida nei meandri sviscerati dell’installazione: “Il Nano Interiore è l’essere oscuro e impertinente della mitologia posmica-crotica. Il suo savoir-faire è inopportuno, la sua mimica è slemba, il suo istinto è infallibile.
Non è mai il caso di calpestarlo.”. Semaforo Brown è un’esortazione anticitazionista.
Ci sono quadri, disegni, sculture effimere, oggetti, parole, invenzioni, roba. C’è Fallimento e Rivalsa. Forse.
Ci sono quelli che Barbara, quando le ho parlato, ha chiamato: “i rotolini”. I rotolini sono un lavoro fichissimo che si chiama REPULISTI. Consiste in circa una ventina lavori di archivio sistematicamente rielaborati.
Ogni lavoro è stato (distrutto) ridotto in strisce sottili e poi arrotolato su se stesso (rinato).
Ne risulta una contemporaneizzazione della memoria nella reinterpretazione dell’opera.
I lavori non sono scarti bensì opere di passaggio selezionate nel tempo dove si mette in atto una distruzione/negazione della memoria intesa come fuga dalla realtà e rivalutazione del momento presente.
Tramite il repulisti e possibile operare una ridimensione simultanea: dell’Ego, del Valore dell’opera (valore di mercato - calcolo del prezzo in base alle dimensioni e valore artistico - la storia e l’evoluzione del lavoro nel tempo), dell’Opera stessa (il potenziale del giovane artista - la maturità della pratica nel tempo).
Nel Repulisti c’è desiderio: I lavori non “desiderati" nel passato riacquistano interesse quindi rilevanza.
Il Repulisti è una riflessione sul Fallimento: bisogna chiederselo, cos’è il fallimento? L’insuccesso fittizio o l’incapacità di procedere, di lasciare indietro? La capacità o meno di essere Sé.
Insomma, voglio dire, vuoi rimaneggiare il medium pittura? Ecco fatto! L’olio su tela diventa simbolo/oggetto evocativo. Strati come anelli di tempo, colori frammentati che inducono immagini arbitrarie, mantra, rotolìo.
Fragogna in questa mostra vuole dire tante cose, vorrebbe indurre tanti stimoli. Prendete ciò di cui più avreste bisogno e andate a parlare con lei. Fino al 22 luglio, ma credo, anche sempre.
Marina Tiepolo-Kleist
Di Marina Tiepolo-Kleist
Barbara Fragogna – Don’t Step On Your Inner Dwarf
Galleria Alessio Moitre, Torino
Ci sono parecchie cose serie che si possono scrivere sulla mostra personale di Barbara Fragogna alla Galleria Alessio Moitre di Torino. Sono tutte ironiche. Ci sono parecchie cose, forse troppe, forse anche no. Scrivo (accennandone per smuovere la vostra curiosità) solo di alcune, le altre, per piacere, andatele a vedere, grazie.
A cominciare dal lungo titolo della mostra “Don’t Step On Your Inner Dwarf” esortazione a non calpestare il proprio Nano Interiore, immagine metafisica coniata dall’artista a rappresentare quella parte del Sé che incarna l’onestà intellettuale, solo per riassumere.
A cominciare-cominciare da Semaforo Brown, l’eteronimo co-curatore della mostra che, attraverso un testo critico assai bizzarro, ci introduce con follia lucida nei meandri sviscerati dell’installazione: “Il Nano Interiore è l’essere oscuro e impertinente della mitologia posmica-crotica. Il suo savoir-faire è inopportuno, la sua mimica è slemba, il suo istinto è infallibile.
Non è mai il caso di calpestarlo.”. Semaforo Brown è un’esortazione anticitazionista.
Ci sono quadri, disegni, sculture effimere, oggetti, parole, invenzioni, roba. C’è Fallimento e Rivalsa. Forse.
Ci sono quelli che Barbara, quando le ho parlato, ha chiamato: “i rotolini”. I rotolini sono un lavoro fichissimo che si chiama REPULISTI. Consiste in circa una ventina lavori di archivio sistematicamente rielaborati.
Ogni lavoro è stato (distrutto) ridotto in strisce sottili e poi arrotolato su se stesso (rinato).
Ne risulta una contemporaneizzazione della memoria nella reinterpretazione dell’opera.
I lavori non sono scarti bensì opere di passaggio selezionate nel tempo dove si mette in atto una distruzione/negazione della memoria intesa come fuga dalla realtà e rivalutazione del momento presente.
Tramite il repulisti e possibile operare una ridimensione simultanea: dell’Ego, del Valore dell’opera (valore di mercato - calcolo del prezzo in base alle dimensioni e valore artistico - la storia e l’evoluzione del lavoro nel tempo), dell’Opera stessa (il potenziale del giovane artista - la maturità della pratica nel tempo).
Nel Repulisti c’è desiderio: I lavori non “desiderati" nel passato riacquistano interesse quindi rilevanza.
Il Repulisti è una riflessione sul Fallimento: bisogna chiederselo, cos’è il fallimento? L’insuccesso fittizio o l’incapacità di procedere, di lasciare indietro? La capacità o meno di essere Sé.
Insomma, voglio dire, vuoi rimaneggiare il medium pittura? Ecco fatto! L’olio su tela diventa simbolo/oggetto evocativo. Strati come anelli di tempo, colori frammentati che inducono immagini arbitrarie, mantra, rotolìo.
Fragogna in questa mostra vuole dire tante cose, vorrebbe indurre tanti stimoli. Prendete ciò di cui più avreste bisogno e andate a parlare con lei. Fino al 22 luglio, ma credo, anche sempre.
Marina Tiepolo-Kleist
Un Rinascimento al Giorno (after Barbara Fragogna)
Pubblicato su Berlin In&Out marzo 16, 2014 da Ema Posted in Arte a Berlino, Berlino mostre, Tutta Berlino
Siete appena usciti da un Museo importante, mettiamo il caso – qui a Berlino – la Gemaeldegalerie, e davvero non riuscite a strapparvi dalle ciglia quei profili di Botticelli, quegli sguardi obliqui e misteriosi dei maestri fiamminghi (Petrus Christus o Cranach il Vecchio). Il nasone di quel mercante di Brugge eccolo spuntare sul volto di un berlinese nella U-Bahn e per un attimo, mentre vi controllate i capelli nella vetrina di Starbuck’s, vi pare – ma deve essere un’allucinazione davvero – che la vostra espressione assomigli in tutto e per tutto a quel pastore quattrocentesco assorto nel contemplare il Bambin Gesù (e non il suo ciuffo).
Ci rimangono addosso. Ci infestano. Non ci lasciano più. Madonne, mercantesse, briganti, San Sebastiani, Andromede e Re Magi. Ogni giorno, in ogni riflesso, in ogni gioco dello sguardo rispunteranno, sempre.
Perchè erano già lì.
E voi, con quella visita al Museo, li avete solo risvegliati, solleticati.
Se ne accorta da tempo anche Barbara Fragogna un’artista italiana che da anni lavora a Berlino e che davvero il suo amato Rinascimento (per non dire la sua amata Venezia) non riusciva proprio a lasciarli in dietro, oltre le Alpi. Ogni giorno, come amati spettri, tornavano a salutarla.
Certo anche in momenti estremamente personali, intimi, talvolta imbarazzanti.
Nascono così le sue “selfie” rinascimentali, un tentativo di catturare queste epifanie nel modo più profano e contemporaneo, un autoscatto da bagno!
Come lei stessa ammette nel suo progetto Everyday Renaissance c’è – oltre che tutto il suo background di artista cresciuta in mezzo all’arte veneziana – molta più Virginia Woolf che Cindy Sherman. Non si tratta infatti di “staged photography” in cui l’artista allestisce una messinscena simil-teatrale per incarnare di volta in volta quel tipo, quell’icona, quell’immagine rubata alla storia dell’arte. Piuttosto una rivelazione improvvisa che illumina, senza essere stata invocata, il secondo più improbabile della nostra esistenza quotidiana. Sei lì che ti depili le ascelle e improvvisamente la trasfigurazione: per un’istante sei una dea caduta fuori dalla tela di un Botticelli o un Rubens (a seconda della tua stazza). Siccome l’epifania è sempre improvvisa, e spesso malandrina, gli unici mezzi per catturarla devono essere loro stessi improvvisi e malandrini, come una macchinetta digitale un po’ scassata o un cellulare. Insomma, suggerisce Barbara, oggigiorno la rivelazione, l’illuminazione non sono in HD.
E ahimè neanche si annunciano con sontuosi cirrocumuli popolati di cherubini o lampi giorgioneschi o trionfi di ninfe e satiri danzanti che arredano di pampini d’uva la nostra camera da bagno.
Nel mondo di oggi non c’è più spazio per tutta questa magia, per tutta questa “aura”. Per di più siamo così sovraccaricati dalle immagini che i nostri occhi rischiano di non vederla più, nelle rare occasioni in cui si presenta…cosa? La “bellezza”
Ci vuole, e di questo Barbara è maestra, un po’ di ironia. E molta autoironia. Per ribaltare l’estrema prosaicità e noioso piattume del mondo di oggi e scovarci col sorriso smaliziato lo stesso splendore dei Santi e degli Eroi dei Bei Tempi che furono.
Perché è già tutto lì: nel gran calderone del mondo in cui ribolliamo a fuoco lento, giorno dopo giorno, sballottati dalle schiume, le bolle, le poderose rimestate. Ci siamo noi, con le nostre immaginette low quality, il profilo di facebook, la smorfia da provare mille volte allo specchio per venire bene in ogni foto e poi ci sono loro, le donne e gli uomini che i pittori immortalarono sulla tela. Sia noi, con i nostri mezzi onnipresenti democratici e un po’ rudi, sia loro, con le velature d’olio raffinatissime, il disegno di un maestro, la cornice preziosa d’oro condividiamo lo stesso smarrimento di esistere, la stessa paura di morire, lo stesso desiderio di trovare un senso in tutto questo caos.
Di loro solo pochi hanno potuto restare impressi nel per sempre.
Di noi resteranno anche fin troppi per sempre. Fin troppe immagini. Fin troppo imbarazzanti
La nostra fortuna, di uomini e donne di questi tempi novissimi, che ci è concesso di riderci su. Perchè la nostra preziosa epifania non accadrà in lunghe sedute nello studio di Da Vinci ma un giorno, per caso, mentre ci schiacciavamo un punto nero.
Le combo-fotografiche di Barbara e il suo libro in edizione limitata (e personalizzata copia per copia) saranno in mostra alla Gallery52Berlin con un’apertura speciale durante il festival d’arte di Neukoelln Frühlingserwachen il 22 e il 23 Marzo. Presente l’artista e i suoi occhi pieni di Rinascimento.
Pubblicato su Berlin In&Out marzo 16, 2014 da Ema Posted in Arte a Berlino, Berlino mostre, Tutta Berlino
Siete appena usciti da un Museo importante, mettiamo il caso – qui a Berlino – la Gemaeldegalerie, e davvero non riuscite a strapparvi dalle ciglia quei profili di Botticelli, quegli sguardi obliqui e misteriosi dei maestri fiamminghi (Petrus Christus o Cranach il Vecchio). Il nasone di quel mercante di Brugge eccolo spuntare sul volto di un berlinese nella U-Bahn e per un attimo, mentre vi controllate i capelli nella vetrina di Starbuck’s, vi pare – ma deve essere un’allucinazione davvero – che la vostra espressione assomigli in tutto e per tutto a quel pastore quattrocentesco assorto nel contemplare il Bambin Gesù (e non il suo ciuffo).
Ci rimangono addosso. Ci infestano. Non ci lasciano più. Madonne, mercantesse, briganti, San Sebastiani, Andromede e Re Magi. Ogni giorno, in ogni riflesso, in ogni gioco dello sguardo rispunteranno, sempre.
Perchè erano già lì.
E voi, con quella visita al Museo, li avete solo risvegliati, solleticati.
Se ne accorta da tempo anche Barbara Fragogna un’artista italiana che da anni lavora a Berlino e che davvero il suo amato Rinascimento (per non dire la sua amata Venezia) non riusciva proprio a lasciarli in dietro, oltre le Alpi. Ogni giorno, come amati spettri, tornavano a salutarla.
Certo anche in momenti estremamente personali, intimi, talvolta imbarazzanti.
Nascono così le sue “selfie” rinascimentali, un tentativo di catturare queste epifanie nel modo più profano e contemporaneo, un autoscatto da bagno!
Come lei stessa ammette nel suo progetto Everyday Renaissance c’è – oltre che tutto il suo background di artista cresciuta in mezzo all’arte veneziana – molta più Virginia Woolf che Cindy Sherman. Non si tratta infatti di “staged photography” in cui l’artista allestisce una messinscena simil-teatrale per incarnare di volta in volta quel tipo, quell’icona, quell’immagine rubata alla storia dell’arte. Piuttosto una rivelazione improvvisa che illumina, senza essere stata invocata, il secondo più improbabile della nostra esistenza quotidiana. Sei lì che ti depili le ascelle e improvvisamente la trasfigurazione: per un’istante sei una dea caduta fuori dalla tela di un Botticelli o un Rubens (a seconda della tua stazza). Siccome l’epifania è sempre improvvisa, e spesso malandrina, gli unici mezzi per catturarla devono essere loro stessi improvvisi e malandrini, come una macchinetta digitale un po’ scassata o un cellulare. Insomma, suggerisce Barbara, oggigiorno la rivelazione, l’illuminazione non sono in HD.
E ahimè neanche si annunciano con sontuosi cirrocumuli popolati di cherubini o lampi giorgioneschi o trionfi di ninfe e satiri danzanti che arredano di pampini d’uva la nostra camera da bagno.
Nel mondo di oggi non c’è più spazio per tutta questa magia, per tutta questa “aura”. Per di più siamo così sovraccaricati dalle immagini che i nostri occhi rischiano di non vederla più, nelle rare occasioni in cui si presenta…cosa? La “bellezza”
Ci vuole, e di questo Barbara è maestra, un po’ di ironia. E molta autoironia. Per ribaltare l’estrema prosaicità e noioso piattume del mondo di oggi e scovarci col sorriso smaliziato lo stesso splendore dei Santi e degli Eroi dei Bei Tempi che furono.
Perché è già tutto lì: nel gran calderone del mondo in cui ribolliamo a fuoco lento, giorno dopo giorno, sballottati dalle schiume, le bolle, le poderose rimestate. Ci siamo noi, con le nostre immaginette low quality, il profilo di facebook, la smorfia da provare mille volte allo specchio per venire bene in ogni foto e poi ci sono loro, le donne e gli uomini che i pittori immortalarono sulla tela. Sia noi, con i nostri mezzi onnipresenti democratici e un po’ rudi, sia loro, con le velature d’olio raffinatissime, il disegno di un maestro, la cornice preziosa d’oro condividiamo lo stesso smarrimento di esistere, la stessa paura di morire, lo stesso desiderio di trovare un senso in tutto questo caos.
Di loro solo pochi hanno potuto restare impressi nel per sempre.
Di noi resteranno anche fin troppi per sempre. Fin troppe immagini. Fin troppo imbarazzanti
La nostra fortuna, di uomini e donne di questi tempi novissimi, che ci è concesso di riderci su. Perchè la nostra preziosa epifania non accadrà in lunghe sedute nello studio di Da Vinci ma un giorno, per caso, mentre ci schiacciavamo un punto nero.
Le combo-fotografiche di Barbara e il suo libro in edizione limitata (e personalizzata copia per copia) saranno in mostra alla Gallery52Berlin con un’apertura speciale durante il festival d’arte di Neukoelln Frühlingserwachen il 22 e il 23 Marzo. Presente l’artista e i suoi occhi pieni di Rinascimento.
EDIZIONI INAUDITE
Il nuovo collezionismo d'arte del 2019 INTERVISTA INAUDITA di Linda Azzarone a Barbara Fragogna 19 dicembre 2019 pubblicata su DEGENEratA Prima di parlare delle Edizioni Inaudite come nuova forma di collezionismo artistico, spiegami che cos’è “Tartare Synthétique”? È la rivista in forma di edizione delle Edizioni Inaudite presentata in anteprima assoluta ad ArtVerona 2018. Il numero 0/0 del magazine contiene i lavori di 14 artisti che collaborano con la Fusion Art Gallery INAUDITA di Torino. Inoltre include i testi di Leonardo Caffo, Semaforo Brown, Elisa Ganivet, Chiara Grandesso, Thresholds e Water Woman. Tartare Synthétique è un’opera d’arte grafica a tiratura limitata di 20 copie. Ogni esemplare possiede un certificato di autenticità e tre opere autografe firmate e numerate: un poster, una fotografia e un disegno. Per di più l’immagine in copertina è interattiva. Infatti è parzialmente nascosta da un Gratta e Vinci a forma di stella, che il collezionista può decidere di conservare o meno. Tartare SynthétiqueQuali sorprese tieni in serbo per i prossimi numeri? Puoi concederci delle anticipazioni? Sì, ogni numero affronterà un tema diverso, che servirà da chiave di lettura alle opere. Questo si intitola Ridicule. Chiaramente “ridicolo” vuole dire tante cose e ogni artista lo interpreta in base al suo punto di vista personale. Per me, che sono l’editrice, in questo momento il senso del ridicolo attraversa molti aspetti della società contemporanea. Gli artisti rappresentati da Tartare Synthétique sono in grado di fare dei discorsi seri di avanguardia, senza aver paura di far sentire la propria voce. Perciò le opere pubblicate sul magazine hanno un punto di vista un po’ forte, meno decorativo e politically correct, rispetto a ciò che succede nel mondo. Nel numero 0/0 Ridicule l’attenzione è sull’Italia. Sono tutti artisti italiani (tranne Kim Yaged che è americana), perché Tartare Synthétique nasce a Torino. Ma nei prossimi numeri ci saranno anche artisti stranieri e la rivista diventerà multi-lingue con traduzioni in inglese o in italiano. Le Edizioni InauditeChe differenza c’è tra il libro d’artista e le Edizioni Inaudite? In Italia il libro d’artista è una copia unica o in tiratura limitatissima. C’è sempre un intervento diretto, fisico sull’opera da parte dell’autore, che in certi casi la costruisce in prima persona. In genere si tratta di un’opera d’arte a forma di libro. Viceversa le Edizioni Inaudite sono nate in Germania e hanno un’altra visione del libro d’artista. L’edition può essere anche un oggetto diverso dal libro, anche se finora è stata la forma prediletta dai nostri artisti. Ma in questo caso il libro in tiratura limitata ospita all’interno un’opera d’arte. Invece di essere manipolato copia per copia, viene firmato e numerato. In ogni edizione c’è qualcosa in più, ad esempio una personalizzazione fatta da un artista o da un gruppo di artisti, come nel caso di Tartare Synthétique. Il libro d’artista delle Edizioni Inaudite è un progetto artistico autonomo. Quindi è presentato solo in forma di edizione e non sarà sviluppato in nessun altro modo. L’eventuale riproduzione delle opere contenute all’interno del libro faranno sempre parte del progetto editoriale. In altre parole, non è un catalogo. I collezionisti del futuroLe Edizioni Inaudite sono pensate per i giovani, i collezionisti del futuro. Perché dovrebbero comprare queste edizioni? Perché sono firmate e numerate dall’artista, perciò hanno il valore di un’opera multipla. Ad esempio come una litografia o qualsiasi altra opera grafica. Alcune, come Tartare Synthétique, hanno un’autentica all’interno. E questo sottolinea ancora di più il fatto che siano opere d’arte. Quindi chi colleziona un libro di Edizioni Inaudite non acquista un’opera editoriale, ma un’opera d’arte creata appositamente per l’edizione. E per giunta, il suo prezzo è molto più basso rispetto al valore commerciale delle opere dell’autore. È un regalo, un’offerta speciale! Questo perché a noi della Fusion Art Gallery INAUDITA non interessa fare un’operazione speculativa di mercato, bensì un’opera di divulgazione del lavoro degli artisti. Investire nell'arteIn questo modo le Edizioni Inaudite possono introdurre un aspirante collezionista ad acquistare opere d’arte. E come se non bastasse si tratta di oggetti facilmente conservabili che acquistano valore nel tempo. Sono opere d’arte grafica in forma di edizione. Non sono libri che si trovano in libreria, ma esposti in una galleria d’arte. È come negli anni ’60 e ’70, quando le gallerie e i gruppi di artisti producevano tanto materiale stampato: edizioni, riviste, pamphlet e inviti. Adesso sono oggetti da collezione. Per le Edizioni Inaudite è la stessa cosa, sono opere d’arte originali che con il tempo aumentano di valore. E poi sono belle, solo per questo vale la pena comprarle. Del numero 0/0 di Tartare Synthétique ci sono solo 20 copie. Un giorno per un collezionista sarà importante avere questo numero, perché non verrà mai più ristampato. |
EDIZIONI INAUDITE. IL LIBRO OLTRE
di Francesca Coppola Articolo apparso parzialmente su Exibart L’idea di Edizioni Inaudite venne a Barbara Fragogna, artista veneta trapiantata a Berlino, ma dallo spirito mobile e itinerante, mentre stava lavorando al suo progetto Nest of Dust. Ma iniziamo dai promordi. Cioè dalla A di Artista. Perché se ogni casa editrice incarna il suo editore, è lo sviluppo coerente della sua personalità, è la sua valigia di sogni, la sua propaggine di carta, di Barbara Fragogona non si può non parlare. Considerata la sua suscettibilità rispetto al “definire” – agli “inscatolamenti di misura standard” ai telai premontati della verbosità critica, a un sistema dell’arte che pensa sempre più di frequente ai grandi numeri, a diventare un insieme parallelo a quello Hollywoodiano –, la introduco dicendo solo che è stata curatrice al Tacheles e che appartiene a quella frangia di artisti senza vessillo, assolutamente solipsisti ed autarchici ma paradossalmente, proprio in virtù di questa sorta di ostracismo creativo, uniti tra di loro da un forte spirito di comunità e di collaborazione. Fornisco al lettore un assaggio d’artista trascrivendo in parte uno dei suoi lavori, 3rd Millennium Phenomena (cover letters) Work in progress: «Dear Gallerist, Dearest Art Critic, I am a female artist. I’m a lesbian. I have a “Social-Monarchic” attitude. […] I criticize all and everything, I’ve always good issues to enucleate but I do it in an approximate way (for God’s sake, You can not expect me to be ALL-specific) and afterwards I go to bed with the enemies in order to overmaster them by my passive-aggressive manipulative strategy. […]» Per il lavoro completo: http://barbarafragogna.weebly.com/3rd-millennium-phenomena-cover-letters.html Per tutte le altre sue opere:http://barbarafragogna.weebly.com Dopo questo minuscolo ritratto di Barbara Fragogna si può ora passare direttamente al progetto Edizioni Inaudite. Il nome “Edizioni Inaudite”, riuscitissimo e accattivante, come peraltro i nomi interni delle collane da Gli Irrilevanti a Big stuff, richiama quello dell’Einaudi, caposaldo dell’Editoria italiana nel cui catalogo «ciascuno vorrebbe comparire», ma dal quale la Fragogna si distanzia per avviare un progetto totalmente inaudito, per dare voce a voci marginali, inascoltate, amiche. Altro riferimento indiscusso è Virgina Woolf: «… se si vuole fare qualcosa bisogna cercare sempre di essere autonomi. Se Virginia Woolf non avesse aperto la Hogarth Press (col marito) probabilmente non avrebbe pubblicato tutti i suoi romanzi in "tempo reale" cioè in vita... attraverso quella casa editrice, dove lei, il marito e un solo collaboratore (!) , componevano le pagine (altro che inDesign!), rilegavano e distribuivano i libri, oltre ai suoi lavori ha anche permesso ad altri scrittori e intellettuali del tempo di realizzare le proprie opere. Virginia è una delle mie pietre miliari». Se autogestirsi è il primo obiettivo dell’artista contemporaneo, oggi diventa necessario anche mantenere caratteristiche di flessibilità e di adattabilità. E un artista che è nello stesso tempo un curatore lo sa bene. Come imprescindibile è dare voce e spazio ai propri lavori e agli artisti che condividono il medesimo percorso. Cosa può garantire insieme l’autonomia, la flessibilità e la visibilità? Il libro d’artista. «La Casa Editrice assolve così la funzione di galleria, diventa un modo per sostenere gli artisti. Diventa cioè un progetto artistico e curatoriale». E l’occasione nasce, come accennato all’inizio, da un personale progetto di Barbara Fragogna Nest of Dust. Il lavoro, che analizza, smitizza, ironizza, l’arte concettuale per diventare un “consapevole” lavoro di arte concettuale che a sua volta tautologicamente ironizza su se stesso, contiene già in nuce la poetica della casa editrice, come quando ad esempio evidenzia la possibilità, mediante la pubblicazione, di illuminare quei lavori che spesso per ragioni di mercato restano nelle cantine degli artisti: «esiste un’altra faccia delle molteplici Fragogna che invece darebbe ragione ai più o meno alcuni che la chiamassero “un artista di concetto”, una teorica, una Kosuthiana. Una faccia meno nota, un lato rimasto fino ad ora in ombra, una porzione di buio che in questo libercolo noi vorremmo finalmente portare alla luce». E in un certo senso il concetto di nido come esposto dalla Fragogna costituisce le fondamenta della Casa Editrice: «un bilancio di attrazioni e repulsioni che equilibra il senso. L’allegoria degli equilibri sociali, politici, relazionali, un passo a due e un ballo di gruppo. Nel nido si viene generati e dal nido si deve spiccare il volo. La partenza e l’arrivo, il transito, il passaggio». La casa editrice è come un nido che protegge ed è una sorta di incubatrice energetica per gli artisti. E da cosa è costituito questo nido? Su cosa possono fare affidamento gli artisti che vi si rivolgono? Estro, contaminazione, apertura, ambizione, ironia, eleganza, serietà se vogliamo parlare dei contenuti; per ciò che concerne invece gli aspetti tecnici: un’edizione numerata, firmata, con ristampe diverse dalla prima edizione ma sempre a tiratura limitata, bassi costi di produzione, un sistema di prevendita, una percentuale più alta di quella normalmente destinata agli autori a favore degli artisti, la presentazione del libro. «Diffondere una cultura del collezionismo d’arte affrancato dall’aurea altisonante e preclusa ai più che solitamente vi si associa. Le opere pubblicate e curate da Edizioni Inaudite sono per lo più libri d’artista, dunque unici, in tiratura limitata e personalizzati in ogni esemplare, quindi vere e proprie opere d’arte». È come se il libro utilizzasse l’opera per superarla, andare oltre, per farle raggiungere un nuovo confine e guadagnarsi una nuova identità. Così all’interno della prima collana hanno trovato posto oltre alla Fragogna: Pedro Ahner e Exilentia Exiff e presto la collana Big stuff ospiterà un volume dedicato a Giosetta Fioroni e uno a Martin Reiter. L’ultima novità però, di prossima presentazione in Italia è il volume di Barbara Fragogna Everyday Renaissance, un lavoro che ancora una volta mira a creare un sistema a parte, un “nuovo satellite nella galassia inaudita”: il libro è basato sull’apparente semplicità di accostamento di immagini ormai note del mondo dell’arte con gesti che fanno parte della quotidianità dell’universo femminile. Il confronto con il classico è di natura immediata e cattura subito l’attenzione dello spettatore. Superato il primo e più semplice livello di lettura però, emergono altre tematiche: quella della donna e del suo apparire in una società che ha sviluppato una dipendenza quasi chimica da Photoshop come fosse un pacchetto di patatine invece che un programma di fotoritocco; la componente ironica ma soprattutto autoironica, elemento questo che contraddistingue ed aggiunge una nota molto personale e anche di pregio al suo lavoro; inoltre, e insisto su questo punto, questa accessibilità al contenuto dell’opera è impreziosita e non sminuita dall’uso di strumentazioni poco costose (la macchina fotografica utilizzata non è professionale, le foto non sono ad alta risoluzione) e da una messinscena minima. Concludendo, l’intero progetto editoriale – ideato da Barbara Fragogna e portato avanti anche grazie alla collaborazione di Claudia di Giacomo – sembra esistere per dirci che il mondo dell’arte è un universo complesso, variegato, e multiforme e che un’alternativa a un sistema forte con il quale si fatica a scendere a compromessi, esiste da sempre: basta darle voce. |
Text by Aline Vater published on Kwerfeldein (18.3.2014)
Everyday Renaissance (After All..): Selbstbildnisse, die Dürer, Botticelli und Leonardo einen Herzinfakt beschert hätten. Die in Italien geborene vielseitige Künstlerin Barbara Fragogna rezipiert kollektive Wahrheiten über Schönheit und Verfall, diskutiert stereotype, historisch geprägte Geschlechterrollen und transzendiert diese spielerisch-charmant mit Mitteln der Ironie. Eine Vorstellung des Kunstbuchs „Everyday Renaissance (After All…). „Als ich klein war, bat mich meine Großmutter immer, nicht mit Jungs zu gehen, Jesus zu lieben und ein gutes Mädchen zu sein. Ich wuchs mit zwei Vorstellungen von Frauen auf: der Jungfrau und der Hure.“ Dies ist ein Zitat der Pop-Ikone Madonna, die in einer Zeit geboren wurde, in der Frauen entweder Heilige oder Huren waren (1). Insbesondere in den 70er Jahren entlarvten Künstlerinnen diese traditionelle Rollenzuschreibungen als soziokulturelle Klischees (z.B. Ana Mendieta, Judy Chicago, Martha Rosler, Nancy Spero, Hannah Wilke, Guerilla Girls). Trotz dem immensen Fortschritt der Gleichberechtigung von Frauen gibt es auch heute noch Unterschiede zwischen den Geschlechtern, die sich in marktorientierten Schönheitsdogmen, klischeehaften Rollenzuweisungen und unterschiedlichen Entwicklungschancen im Berufsleben widerspiegeln. Dies zeichnet sich insbesondere im Kunstmarkt ab, der Künstlerinnen weitestgehend ignoriert. Laut einer statistischen Analyse sind weniger als 25% der von Galerien vertretenen Künstler Frauen (2). Erst seit wenigen Jahren sind im „Kunstkompass“ drei Frauen in die Top-Ten Rangliste der KünstlerInnen vertreten (Rosemarie Trockel, Cindy Sherman und Pipilotti Rist), deren „Marktwert“ weit hinter dem von Gerhard Richter und Bruce Nauman rangiert. Neben Cindy Sherman, Bettina Rheims oder Marina Abramovic gibt es derzeit eine Generation aktiv wirkender Künstlerinnen, die sich mit diesen soziokulturellen Konstrukten beschäftigen. So auch die derzeit in Berlin lebende italienische Künstlerin Barbara Fragogna, die in „Everyday Rennaisance“ durch einen selbstbewusst-spielerischen Umgang klischeehafte traditionelle Menschenbilder entlarvt und über das mutige Mittel der Selbstironie zum Schmunzeln verführt. Barbara Fragogna ist eine multidisziplinäre Künstlerin, die sich neben Malerei, Installationen, kuratorischer Tätigkeit und Grafik auch mit Fotografie beschäftigt. In ihren Arbeiten diskutiert sie häufig Widersprüche psychologischer und soziologischer Konstruktionen, in dem sie diese ohne Scham und Reue enthüllt, zerteilt und versöhnt. In diesem Sinne besteht das Konzept hinter „Everyday Renaissance“ aus einer Gegenüberstellung eines populären Renaissancegemäldes und einem äquivalenten Selbstportrait, mit dessen Hilfe die Künstlerin auf klassische Darstellungsweisen der Kunstgeschichte referiert und sie in einen neuen Zusammenhang stellt. Die Interpretation der Bilder ist, wie Barbara Fragogna beschreibt, intuitiv und von individuellen Erfahrungen abhängig: „You can tell. It´s clear. You can interpret it on some different levels, it depends only on the key that you have in your hand” (deutsch: Man erkennt den Sinn. Er ist klar. Du kannst es auf unterschiedlichen Ebenen interpretieren, es hängt nur von dem Schlüssel ab, den du in deiner Hand trägst). Daher ist “Everyday Renaissance” einem breiten Publikum von Personen zugänglich, die sich mehr oder weniger (und nicht notwendigerweise) intensiv mit Kunstgeschichte beschäftigt haben. Nicht das Wort führt zu Erkenntnis, sondern die Imagination – das ist das Dogma, dass Barbara Fragogna umtreibt. Die Wahl der Epoche der Renaissance ist keineswegs zufällig. Die Renaissance (15./16.Jh) ist eine der bedeutsamsten Kunstepochen, in der Künstler wie Leonardo und Michelangelo, Raffael und Tizian, Dürer und Holbein nach höchster künstlerischer Vollkommenheit, Schönheit und Harmonie strebten. Durch die Auseinandersetzung mit wissenschaftlichen Erkenntnissen wandelte sich das Verständnis von Perspektive und Anatomie in der Kunst und verhalf Kulturschaffenden zu nie dagewesenem Ansehen (3). Zum ersten Mal nahmen Künstler einen ehrenwerten Platz unter den bedeutenden Figuren des Zeitalters ein, sie wurden hofiert von Päpsten und Kaisern, die miteinander wetteiferten, ihre Kunstwerke zu besitzen (3). Nicht zufällig werden diese Werke der Renaissance neuzeitlichen Selbstportraits entgegengesetzt – in einer Zeit, in der der Kapitalismus den Kunstmarkt beherrscht und nur noch ein verschwindend geringer Bruchteil von KünstlerInnen von Sammlern und Museen hofiert werden. Im Sinne einer kapitalistischen Marktorientierung ist auch die Auswahl des künstlerischen Mittels in Barbara Fragogna´s Selbstportraits einzuordnen. Die Künstlerin nutzt für ihre Darstellung in „Everyday Renaissance“ eine wabi-sabi ähnliche Fülltechnik zur Betonung von Inhalt, die photoshop-verwöhnte Augen unter Umständen flirren lassen. Die Wahl dieses Mittels liegt jedoch nicht in der Unfähigkeit der Anwendung von Photoshop-Kenntnissen der Künstlerin begründet, sondern ist ein bewusst gewähltes Werkzeug, um dem Inhalt Vorrang vor qualitativen Kriterien zu schenken. Das Ziel des Einsatzes von Bildbearbeitung ist es nicht, akkurat, sondern schnell und zeitgemäß zu sein. In diesem Sinne ist „Everyday Renaissance“ ein hervorragendes Beispiel zur Überwindung komplexer Sachverhalte durch unkonventionelle Methoden. Barbara Fragogna bezeichnet dies als „die Schönheit des Banalen“, in dem die Technik zu einem Witz, zu einem ironischen Spiel, zu einem Zitat utilisiert wird. Durch die Auswahl dieser Technik wird nicht nur das Konzept von Schönheit in der Kunst, sondern auch die wachsende Flut perfekter, photoshop-dressierter Bilder kritisch adressiert. Was haben diese Gegenüberstellungen nun mit einer ironischen Hinterfragung von Rollenbildern zu tun? Um dies zu verdeutlichen, werden im folgenden Artikel stellvertretend 6 der 22 Selbstportraits aus dem Katalog „Everyday Renaissance“ herangezogen. Mit dem Ende des Mittelalters begann das Zeitalter der Renaissance, eine Zeit der „Wiedergeburt“ der antiken Kultur. Obgleich sich der Mensch von traditionellen Werten der Kirche langsam löste, und Werte wie Freiheit, Gleichheit und Selbstverwirklichung an Bedeutung gewannen, wirkte sich dieser Fortschritt kaum auf die weibliche Bevölkerung aus (ausgenommen auf den weiblichen Adel). Die Mehrzahl der Künstler war männlichen Geschlechts, einer der bekanntesten deutschen Renaissancekünstler ist Albrecht Dürer. Barbara Fragogna nutzt ein Selbstportrait von Dürer, in dem er eine Haltung hierarchischer Frontalität einnimmt, die normalerweise malerischen Bildnissen von Königen und christlichen Figuren vorbehalten blieb. Dürer stellt sich in diesem Portrait mit Gott gleich. Fragogna nutzt diese Haltung und inszeniert sich mit einem weißen Schnurbart aus Creme, die durch eine Nassrasur unschöne (d.h. unweibliche) Oberlippenhaare entfernen soll. Eine graue Stoffkutte wird symbolträchtig der Schönheit von Dürers Haarpracht entgegengesetzt und camoufliert die ursprünglichen weiblichen Züge der jesus-ähnlichen Figur. Barbara Fragogna, After Dürer, Self-portrait shaving mustache with a not proper cream. Links: Albrecht Dürer, Self-portrait with fur, 1500, Alte Pinakothek, Munich. In einer weiteren Arbeit mimt Barbara Fragogna ein Christusportrait von Memling nach, der dem Betrachter durch eine Handbewegung seinen Segen gibt. Bedeutsam ist das Fehlen heiliger Insignien (z.B. einem Kreuz) bei Memling. Dieses Fehlen von Insignien greift Fragogna in ihrer Version auf und ersetzt an deren Stelle eine Zahnbürste, um die Pflege des eigenen Körpers segensgleich zu inszenieren. Der Schaum am Mund erinnert an ein tollwütiges Katzentier, das den obsessiven Umgang mit Körperpflege metaphorisiert. Barbara Fragogna, After Memling, Self-portrait brushing teeth. Links: Hans Memling, Christ Giving His Blessing, 1478. Norton Simon Museum, Pasadena, CA, USA In einem weiteren Selbstportrait wird das “Schweißtuch der Veronika” (Sudarium) ironisch umgedeutet. Das Schweißtuch der Veronika war einst die kostbarste Reliquie der Christenheit und befindet sich heute in einem gewaltigen Tresor im Petersdom in Rom. Nach der christlichen Überlieferung hat Veronika Jesus von Nazareth ein Stofftuch gereicht, damit sich dieser Schweiß und Blut vom Gesicht abwaschen konnte. Dabei soll sich das Gesicht von Jesus auf wunderbare Weise auf dem Sudarium eingeprägt haben. Fragogna inszeniert sich komplementär als christusgleiche Figur beim Färben der vormals ergrauten Haare. Auf einem Handtuch erscheint nicht ihr Gesicht, sondern das von Jesus – eine ironische Art, um mit der Rolle der Frau im Christentum zu operieren. Links: Barbara Fragogna, After The Master, Self-portrait dyeing hair and finding out what’s coming next. Rechts: St. Veronica with the Sudarium by Master of the Legend of St Ursula, 1480-1500, Private Collection. In einem weiteren Selbstportrait nimmt sie ein Gemälde von Dieric Bouts ironisch unter die Lupe. Bouts sah seine Aufgabe darin, das Schöne der weiblichen Vollkommenheit, hier der von Maria, auszudrücken. Die Nacktheit von Maria stand für Unschuld und verdeutlicht die mütterlich umsorgende Rolle, die Frauen in der damaligen und der heutigen Zeit zugeschrieben wird. Fragogna schlüpft in die Rolle der Maria und negiert die ihr zugeschriebene Mutterrolle durch den Versuch der dauerhaften Reduktion unerwünschter Körperhaare. Hier geht es weniger um Selbsterfoschung als um die Infragestellung gesellschaftlicher Rollen. Diese Gegenüberstellung konträrer Auffassungen von Lebensentwürfen gibt der Serie eine verstörend authentische Qualität. Zugleich macht sie das Ganze zu einem komplexen Vexierspiel: So klar und prägnant, wie die Botschaft auf einen ersten gewagten Blick scheint, umso inhaltsreicher wird sie, wenn man die einzelnen historischen Puzzlestücke in ihrer Gesamtschau betrachtet. Rechts: Barbara Fragogna, After Bouts, Self-portrait unrooting those ugly, annoying, nasty hair on the breast. Links: Dieric Bouts, Virgin and Child, last quarter of 15th century, Metropolitan Museum of Art, New York. Diese oben erwähnten Arbeiten stehen einem bekannten Triyptichon von Hieronymous Bosch und dessen Uminterpretation von Fragogna kontraintuitiv entgegen. Hieronymous Bosch war ein niederländischer Maler, der vertraut war mit der Vielfalt wissenschaftlicher Erkenntnisse seiner Zeit. Kein Maler dieser Periode stand dem Geist der italienischen Renaissance ferner als Bosch, der nicht die Schönheit, sondern vor allem die moralischen Schwächen der Menschheit abbildete. Nicht zufällig, sondern ganz bewusst wählt Fragogna Boschs Gemälde aus, um das Gesamtkonzept von „Everyday Renaissance“ zu komplettieren. Nicht zufällig existieren inhaltliche Parallelen zwischen Fragogna´s frühen Werken und denen von Hieronymus Bosch (s.h. Gemälde von Barbara Fragogna aus den Jahren 2004-2007). Boschs Bildwelten lassen die Symbolik des Mittelalters hinter sich und integrieren dämonische Wesen, die düstere Visionen abbilden. Barbara Fragogna nutzt einen Ausschnitt des linken Flügels des bekannten Triptychons „Der Garten der Lüste“ von Bosch, dass häufig die „musikalische Hölle“ genannt wird. Die Bezeichnung „musikalische Hölle“ rührt daher, dass ein deutlicher Schwerpunkt auf dem Einsatz von Musikinstrumenten als Folterwerkzeug liegt. Das Detail, das Fragogna auswählt, stellt eine Frau mit einem Würfel auf dem Kopf dar, das als Warnung vor dem Einfluss der Frau (vermeintlich die Figur der Eva) fungiert, die den Mann (Adam) zur Sünde verführt hat (4). Im Original malträtiert ein Dämon einen vor einem Spieltisch liegenden Mann zweierlei durch Würgen und durch Erdolchen. Der Dämon trägt ein Schild auf dem Rücken, auf dem eine abgeschnittene und aufgepießte Hand erkennbar ist, eine Prozedur, die im Mittelalter häufig als Strafe bei Falschspiel oder Diebstahl vollzogen wurde. Der Würfel auf dem Kopf der Figur wird in einigen Abhandlungen als Symbol der weiblichen Verführerrolle zum Falschspiel des vor ihr liegenden Mannes gedeutet. Die Symbolik des unwillkürlichen Zerteilens körperlicher Segmente kopiert Barbara Fragogna in ihrem Selbstportrait, das für das Erschrecken der Erkenntnis des „Auseinanderfallens“ von Schönheit steht. Links: Barbara Fragogna, After Bosch, Self-portrait finding out that I am falling apart. Rechts: Hieronymous Bosch, The Garden of Earthly Delights (detail), between 1490 and 1510. Museo del Prado, Madrid. Der Erhalt der weiblichen Schönheit wird auch in einem weiteren Selbstportrait thematisiert. Hier kooperiert Fragogna mit „der hässlichen Herzogin“, einem von Quentin Metsys‘ am häufigsten rezipierten Gemälde. Die hässliche (von Gesichtszügen her vermännlichte) Herzogin stellt eine groteske alte Frau dar, die in dem ursprünglichen Gemälde eine minimalistische rote Blume in der Hand hält. Diese Blume symbolisiert den vermeintlich erfolglosen Versuch der Attraktion männlicher Bewerber. Indem Barbara Fragogna die Blume durch einen Porenreinigungsstreifen austauscht, macht sie die hässliche Herzogin zur Komplizin zum Erhalt von Schönheit. VerLinks: Barbara Fragogna, After Metsys, Self-portrait dyeing hair (yes, again) and rooting black spots out of the nose (with the precious help of Her Majesty the Duchess). Rechts: Quentin Metsys, The Ugly Duchess (also known as A Grotesque Old Woman), 1513. National Gallery, London. Durch diese Interaktion der beiden Figuren wird deutlich, dass das Konzept von „Everyday Renaissance“ vor allem durch die Gegenüberstellungen funktioniert. Bei den Diptychen handelt es sich jedoch nicht um individuelle Selbstanalysen, denn Gesicht und Körper werden als Instrumente zum Transport einer Botschaft und als Erkundungsmoment von Identität eingesetzt, indem sie kollektive Wahrheiten der Bedeutung von Schönheit und Verfall rezipieren. Bilder prägen unsere Sicht auf die Welt und letztlich auch, wie wir uns selbst sehen. Barbara Fragognas Maskeraden sind mutig, denn sie stellen mittels einer unverfälschten Wiedergabe eigener körperlicher Merkmale bzw. Defizite eine unvermittelte Befragung des Betrachters dar, die dem Modell nichts lässt, hinter dem es sich verstecken könnte. Die Künstlerin sucht diese Auseinandersetzung und macht sich gleichermaßen Ernst und Ironie zu eigen, um ihre Botschaft zu vermitteln. Ihre Arbeit erzählt davon, wie man Schmerz erträgt, umwandelt und sich von ihm befreit. Die Künstlerin fungiert damit als eine Art Spiegel, indem sie schmerzvolle Gefühle ironisch transzendiert. Wir leben immer noch in einer Zeit, in der physische Schönheit ein objektives Kriterium für gesellschaftliche Akzeptanz darstellt. Es ist auch eine Zeit, in der Frauen wählen müssen, ob sie Mutter, Geliebte oder Künstlerin sein wollen. Um es mit den Worten von Marina Abramovic auszudrücken: „Before you start to be an artist, you have to be sure that this is what you want. And then you have to be ready to sacrifice everything and be ready to be alone. It's not easy life, but when you succeed with your ideas, reward is wonderful.” (deutsch: “Bevor man Künstlerin wird, muss man sich sicher sein, dass es das ist, was man will. Und dann muss man bereit sein, alles zu opfern und allein zu sein. Das ist kein einfaches Leben, aber wenn man es schafft, seine Ideen umzusetzen, ist die Belohnung wundervoll.“) Kwerfeldein Leser, die neugierig auf die restlichen 16 Selbstportraits geworden sind, können eines der Exemplare des Kunstbuchs “Everyday Renaissance” erwerben (limitierte, signierte und nummerierte Auflage von 250, Kontakt: [email protected]), das im Edizione Inaudit erschienen ist (http://sinedieproject.weebly.com/everyday-renaissance.html). Wer zusätzlich gern in direkten Austausch mit Barbara Fragogna treten möchte, ist eingeladen die Ausstellung „Everyday Renaissance“ in der Galerie 52 in 12045 Berlin zu besuchen. Die Vernissage findet am 22. März 2014 unter Anwesenheit der Künstlerin statt. Die Ausstellung ist bis zum 5. April 2014 zu besichtigen. Quellen und Literatur 1 Schoppmann, W. & Wipplinger, H.-P. (2010). Lebenslust und Totentanz. Olbricht Collection. Wien: KunstHalle Krems. 2 Pora, R. & Seiferlein, L. Frauen vorn. Stars und Newcomer, Überflieger und Vorreiterinnen. In Art Magazine, Nr 11/2013 von Nov. 2013, S. 20-29. 3 Gombrich, E. H. (1972). Die Geschichte der Kunst. Zürich: Belser Verlag Stuttgard. 4 Honour, H. & Fleming, J. (1992). Weltgeschichte der Kunst. München: Prestel Verlag. |
Text by Aline Vater published on Kwerfeldein (18.3.2014)
Everyday Renaissance (After All…) : Self-portraits which would have given Dürer, Botticelli and Leonardo a heart attack. The Italian multi-skilled artist Barbara Fragogna challenges collective truths about beauty and decay, discusses stereotypical, historically established gender roles and transcends those playful-charmingly with means of irony. An introduction of the artist book "Everyday Renaissance (After All ...). "When I was little, my grandmother always told me not to go with guys, to love Jesus and be a good girl. I grew up with two images of women: the virgin and the whore". This is a quote of pop icon Madonna, who was born in a time when women were either saints or whores (1). Especially in the 70s female artists unmasked those traditional roles as sociocultural stereotypes (eg. Ana Mendieta, Judy Chicago, Martha Rosler, Nancy Spero, Hannah Wilke, Guerilla Girls). Despite of an ongoing progress of striving for womens rights, there are still differences between the sexes, which are reflected in market-oriented beauty dogmas, clichéd role assignments and different development opportunities in professional life. This is particularly reflected in the art market, where female artists are still largely ignored. According to a statistical analysis, only about 25 % of the artists represented by galleries are women (2). Only in recent years three female artists risen to the top ten list of the world-wide "Art Compass" (Rosemarie Trockel, Cindy Sherman and Pipilotti Rist), however, their "ranked market value" is far beyond those of Gerhard Richter and Bruce Nauman. In addition to Cindy Sherman, Bettina Rheims or Marina Abramovic, a generation of female artists deal with these sociocultural constructs. Along with those, the Italian artist Barbara Fragogna exposes clichéd traditional images of women and seduces the observer with courageous means of self-ironic playful manners in her series “Everyday Renaissance”. Barbara Fragogna is a multidisciplinary artist who works with painting, installation, curatorial activities and graphic design, but also with photography. In her works she often discusses contradictions of psychological and sociological constructions by revealing, defragmenting and reconciling them without shame and remorse. Similarly, the concept behind "Everyday Renaissance" consists of a juxtaposition of a popular Renaissance paintings and an equivalent self-portrait. By doing so, the artist refers to classical representations of femininity in art history and places them into a new context. The interpretation of Barbara Fragognas images is rather intuitive and depends on individual experiences: "You can tell. It's clear. You can interpret it in some different levels, it depends only on the key did you have in your hand". In this sense, "Everyday Renaissance" is available to a wide audience which not necessarily needs to have knowledge in art history. Not the word leads to knowledge but imagination - this is the dogma of Barbara Fragogna. The choice of the Renaissance paintings is by no means accidental. The Renaissance (15/16th century) is one of the most important periods in art history, in which artists such as Leonardo and Michelangelo, Raphael and Titian, Dürer and Holbein performed the highest artistic perfection, beauty and desired harmony. The examination of scientific findings changed the understanding of perspective and anatomy in the arts and helped the cultural sector to an unprecedented prestige (3). For the first time, artists took an honorable place among the major figures of their century; they were courted by popes and emperors, who competed with each other to own a precious artwork. Not coincidentally, these works of the Renaissance are opposed to modern self-portraits - in a time when capitalism dominates the art market and only a tiny fraction of artists are being supported by collectors and museums. This background of a current capitalistic orientation of the art market classifies the choice of Barbara Fragognas artistic means. The artist uses a "wabi sabi" like filling technique for emphasizing content in "Everyday Renaissance", which may initially irritate Photoshop used eyes. The choice of this remedy does not lie in the inability of the use of Photoshop skills of the artist, but is a deliberately chosen tool to emphasize content that takes precedence over qualitative criteria. The objective of the use of this image processing tool is not to be accurate, but fast and fresh. In this sense, "Everyday Renaissance" is an excellent example of overcoming complex issues through unconventional methods. Barbara Fragogna refers to this as "the beauty of the banal" in which the technique is utilized as a joke, an ironic play and a quote. By selecting this technique, not only the concept of beauty in art, but also the growing tide of perfect, Photoshop-designed images is critically addressed. How do these comparisons ironically question gender roles? To illustrate this, 6 of the 22 self-portraits are representatively chosen from the catalog "Everyday Renaissance" in the following. With the end of the Middle Ages, the Renaissance started, a time of "rebirth" of ancient culture. Although traditional values of the church broke slowly, and human beings gained values such as freedom, equality and self-realization, this progress had hardly any effect on the female population (excluding the female nobility). The majority of the artists were male. One of the most famous German Renaissance artists is Albrecht Dürer. Barbara Fragogna uses a self-portrait of Dürer, in which he takes a hierarchical frontal perspective, which normally remained reserved to picturesque portraits of kings and Christian figures. In this portrait, Dürer arises equally with God. Fragogna uses this approach and presents herself with a white mustache of cream, which is removes unsightly (unfeminine) upper lip hair through wet shaving. A gray fabric cowl contrasts Dürers beautiful hair and camouflages the original female traits of the Jesus-like figure. Rechts: Barbara Fragogna, After Dürer, Self-portrait shaving mustache with a not proper cream. Links: Albrecht Dürer, Self-portrait with fur, 1500, Alte Pinakothek, Munich. In a further work, Barbara Fragogna mimes a Christ portrait of Memling who gives his blessing by a hand movement. The absence of the sacred symbols (eg. a cross) is significant in Memlings painting. Instead of a holy blessing, Fragogna holds a toothbrush in her hand. The foam on her mouth represents a rabid animal and is metaphorically used to criticize an obsessive use of body care. Rechts: Barbara Fragogna, After Memling, Self-portrait brushing teeth. Links: Hans Memling, Christ Giving His Blessing, 1478. Norton Simon Museum, Pasadena, CA, USA I another self-portrait, the "Veil of Veronica" (Sudarium) is ironically reinterpreted. The Veil of Veronica was once the most precious relic of Christianity and is now stored in a huge vault in St. Peter's Basilica in Rome. According to Christian tradition, Veronica has passed Jesus of Nazareth a cloth to wash away sweat and blood from his face. Here, the image of Jesus is said to be miraculously imprinted on the handkerchief. Fragogna presents herself when coloring grey hair. In her version, the face of Jesus appears on the handkerchief instead of her face – an ironic way to operate with the role of women in Christianity. Rechts: Barbara Fragogna, After The Master, Self-portrait dyeing hair and finding out what´s coming next. Links: St. Veronica with the Sudarium by Master of the Legend of St Ursula, 1480-1500, Private Collection. In another self-portrait she takes a painting by Dieric Bouts ironically under the microscope. Bouts has endeavored to express the beauty of female perfection, here that one of Maria. The nakedness of Maria stands for innocence and illustrates the maternal caring role that is assigned to women. Fragogna takes on the role of Mary and negates her ascribed role of following motherhood by reducing unwanted body hair. This goes beyond self-research as she rather questions social gender role assignments. This juxtaposition of contrasting established conceptions of life plans is a disturbingly authentic quality of the series. At the same time it transforms the whole subject into a complex game of deception: So clear and concise as the message seems to be on a first daring look, the more content-rich it is, if you combine the historical puzzle pieces on a broader level. Rechts: Barbara Fragogna, After Bouts, Self-portrait unrooting those ugly, annoying, nasty hair on the breast. Links: Dieric Bouts, Virgin and Child, last quarter of 15th century, Metropolitan Museum of Art, New York. These works mentioned above preclude a known Triyptichon of Hieronymous Bosch and its reinterpretation of Fragogna. Hieronymous Bosch was a Dutch painter who was familiar with the diversity of scientific knowledge of his time. No painter of this period more brutally contrasted the spirit of the Italian Renaissance than Bosch, who didn´t portray beauty, but specifically the moral weaknesses of mankind. Fragogna does not choose Boschs painting by chance, but consciously uses it to complete the whole concept of "Everyday Renaissance". Not coincidentally, there are substantive parallels between Fragogna's early works and those of Hieronymus Bosch (see paintings by Barbara Fragogna from the years 2004-2007). Boschs imagery leaves the symbolism of the Middle Ages behind and integrates demonic entities that represent gloomy visions. Barbara uses a detail of the left wing of the triptych known "The Garden of Earthly Delights" by Bosch that is often called "musical hell." The term "musical hell" stems from the fact that musical instruments were used as torture devices. The detail that Fragogna selects depicts a woman with a cube on her head, as warning that the seduction of the woman (supposedly the figure of Eve) is dangerous, as she forced her husband (Adam) to sin (4). In the original version by Bosch, a demon maltreats a man in two ways by choking and stabbing him. The demon is wearing a shield with a cut hand on his back which is representative of a false play. Cutting off the right hand was often performed as punishment for cheating or theft in the Middle Ages. The cube on the head of the figure is often interpreted as symbol of the seducing role of women in advising her husband to cheat. Barbara Fragogna copied the symbolism of involuntary fragmenting physical segments and pictures the scared look as recognizing herself "falling apart". Links: Barbara Fragogna, After Bosch, Self-portrait finding out that I am falling apart. Rechts: Hieronymous Bosch, The Garden of Earthly Delights (detail), between 1490 and 1510. Museo del Prado, Madrid. The preservation of female beauty is also addressed in another self-portrait. Here Fragogna cooperates with the "Ugly Duchess", one of Metsys ' most commonly-cited paintings. In the original painting, the ugly duchess is a grotesque old (male looking) woman who holds a minimalistic red flower in her hand. The flower symbolizes the (allegedly failed) attempt to attract male applicants. Fragogna exchanged the flower with a white cleansing stripe; this movement makes the ugly Duchess an accomplice in preserving female beauty. Links: Barbara Fragogna, After Metsys, Self-portrait dyeing hair (yes, again) and rooting black spots out of the nose (with the precious help of Her Majesty the Duchess). Rechts: Quentin Metsys, The Ugly Duchess (also known as A Grotesque Old Woman), 1513. National Gallery, London. By recognizing the interaction between the two figures, it is clear that the concept of "Everyday Renaissance" works primarily through juxtapositions. The diptychs, however, are not about an individual self-analysis. Instead, the face and the body are used as a tool for conveying a broader message and exploring of identity by reciting collective truths on the importance of beauty and decay. Images shape our view of the world and, ultimately, how we see ourselves. Barbara Fragognas masquerades are brave as they provide means of purest reproductions of physical characteristics or deficits without hiding behind a mask. Barbara Fragogna simultaneously occupies seriousness and irony to convey her message. Her works tell stories on how one may endure pain, and how to transform and free oneself from him. The artist thus acts as a mirror, by transcending painful feelings with means of self-irony. We still live in a time in which physical beauty is an objective criterion for acceptance in society. This is also a time where women have to choose whether they want to be mother, a lover or an artist. To put it in the words of Marina Abramovic : "Before you start to be an artist , you have to be sure that this is what you want. And then you have to be ready to sacrifice everything and be ready to be alone. It's not easy life, but when you succeed with your ideas, the reward is wonderful." Kwerfeldein readers who are curious to see the remaining 16 self-portraits may order one copy of the artist book "Everyday Renaissance" (limited, signed and numbered edition of 250 copies, published in Edizioni Inaudite: http://sinedieproject.weebly.com/everyday-renaissance.html) by the artist on request ([email protected] or [email protected]). The ones who would like to get in touch with Barbara Fragogna are invited to visit the exhibition "Everyday Renaissance (After All…)" in the gallery 52 in 12045 Berlin. The Vernissage will take place on March the 22nd 2014 and the artist will be present. The exhibition can be visited till April the 5th. |